Al gennaio del 1788 risale La battaglia (K 535), contraddanza composta da Mozart un mese prima che Giuseppe II dichiarasse guerra ai Turchi. Il clamore della percussione «alla turca» e il penetrante suono dell’ottavino che attraversano le trame di questa svagata musica da ballo, destinata proprio a quell’imperatore, ne erano quindi il preannuncio, tant’è che la “Wiener Zeitung” ribattezzò la modesta composizione mozartiana col titolo L’assedio di Belgrado.
L’interesse di Darius Milhaud per il cinema, benché non più documentabile a causa della perdita della partitura, risale al 1925, quando compose la musica per L’inhumaine di Marcel L’Herbier.
Ci può essere gloria per un compositore di musica da film? Intendo la gloria vera, non quella commerciale legata a motivi indovinati destinati a fare il giro del mondo sulle correnti della moda e poi ad essere dimenticati con l’estinguersi della sua funzione trainante. Il discorso è complesso e richiederebbe una risposta articolata, anche se il sospetto che la musica cinematografica rimanga un accessorio incapace di significato autonomo si impone con prepotenza.
Nei suoi ottantacinque anni di vita Richard Strauss si trovò a essere testimone dell’ascesa e della caduta della Germania, dapprima come affermazione e scomparsa dell’impero bismarckiano, poi come sopraffazione del potere da parte di Hitler e della relativa disfatta.
Nessun compositore al pari di Bach (che trascriveva Palestrina, Frescobaldi, Vivaldi, ecc.) si è mai sentito sollecitato a convivere con ciò che era diverso dal suo linguaggio e dalla sua maniera. Senza attendere il giudizio dei critici è proprio in quest’ambito che la posizione di Bach, confrontata con premesse estetiche diverse (perfino opposte alla sua), viene messa a fuoco dall’autore stesso in una prospettiva dialetticamente motivata.
Se volessimo accertare la consistenza detenuta dalla musica italiana del Novecento presso il pubblico, dalla morte di Puccini in poi, rimarremmo piuttosto delusi.
Ogni periodo storico ha compiuto identificazioni in tipi letterari determinati, alcune volte ai limiti del mito come avvenne per la vicenda di Orfeo, regolarmente celebrata, cantata e messa in scena dalla prima fase della poesia rinascimentale fino alla nascita dell’opera in musica e oltre. Nella sfaccettata situazione estetica della ‘Fin du siècle’ è altrettanto rilevante la costanza del riferimento al capolavoro di Maurice Maeterlinck, all’intuizione lirica di Pelléas et Mélisande (1892) che ossessionò i musicisti del tempo a varie latitudini.
Il corpus dei concerti per clavicembalo di Bach risale al periodo di Lipsia, al periodo dell’educazione dei figli, due dei quali riconosciuti fra i maggiori esponenti dello sviluppo dell’arte clavicembalistica settecentesca.
La musica che arriva al pubblico non è soltanto il risultato di un processo creativo individuale ma, al di là del suo significato come manifestazione del radicamento nel contesto collettivo della comunicazione, come frutto di un sistema di produzione articolato su vari livelli.
Fra le forme storiche di dittatura il nazismo si distinse per la ferrea applicazione di principî che, in campo artistico e culturale, non lasciarono margini di compromesso.