L’interesse della critica per la musica di Max Reger rimane ancor oggi eminentemente storico, quale riconoscimento della funzione rinnovatrice del linguaggio condotta parallelamente a Strauss e Debussy ma, diversamente dalla considerazione estetica riconosciuta ai due suoi grandi contemporanei, valutata al di fuori del contesto globale della sua esperienza.
Parole a non finire si potrebbero ancora spendere sul valore programmatico di Pagliacci e del ben noto prologo che dichiara i principî del Verismo in musica.
“SELVA dico dunque per non seguire in essa un filo continuato, così veggiamo nelle Selve gli arbori posti senza quell’ordine che ne gli artificiosi giardini veder si suole”.
Juditha Triumphans devicta Holofernis barbarie, composta nel 1716, tre anni dopo il primo oratorio vivaldiano Moyses Deus Pharaonis sfortunatamente andato disperso, è opera personalissima, tanto significativa ed essenziale a precisare la fisionomia artistica del musicista quanto le opere strumentali che gli assicurarono la celebrità.
Guillaume de Machaut è fuori di dubbio il primo compositore del mondo occidentale ad aver lasciato testimonianza organica della sua creatività poetica e musicale.
La prima impressione che prova colui che si trovi ad ascoltare la più fortunata composizione di Max Bruch è che questo canto sensuale di violino sia sgorgato immediato, già conchiuso da un felice momento creativo.
Arthur Honegger è un autore a cui è difficile trovare una collocazione precisa nella storia della musica moderna.
Composti nel 1874, in omaggio alla scomparsa dell’amico Victor Hartmann architetto e pittore, i Quadri di un’esposizione di Musorgskij attestano tanto quanto il capolavoro del Boris Godunov