Sui due concerti per pianoforte e orchestra di Chopin è troppo facile ripetere i giudizi formulati fin dal primo momento e vertenti sullo squilibrio strutturale nel precario rapporto tra solista e orchestra.
La prima occasione offerta in Svizzera di ascoltare una composizione dodecafonica fu il Festival della Società Internazionale di Musica Contemporanea, quando nel 1926 a Zurigo fu presentato il Quintetto op. 26 di Schoenberg.
Nonostante il fatto che, chi più chi meno, tutti gli operisti italiani dell’Ottocento siano stati confrontati con la composizione di musica religiosa, la Messa da requiem di Verdi rimane un lavoro a sé stante.
Le prime sonate per pianoforte di Beethoven (op. 2) risalgono allo stesso anno (1795) in cui, presentando come biglietto di visita il Concerto in si bem. magg. op. 19, egli faceva la sua apparizione al Burgtheater in tre attese serate che immediatamente gli aprirono le porte delle dimore di personalità influenti, di coloro che sarebbero diventati i suoi diretti sostenitori e degli editori che già si contendevano le sue primizie.
Diversamente dal nazismo il fascismo italiano non propugnò un programma artistico specifico e vincolante.
Arthur Honegger affermava: “Coloro che non sono né direttori di conservatorio, né professori, né giornalisti, né direttori d’orchestra in teatro o alla radio non hanno che un solo sbocco: il cinema”. Così il compositore svizzero rendeva ragione di un’attività che sull’arco di quasi trent’anni l’aveva portato a collaborare musicalmente a trenta film, cinque documentari e due disegni animati.
Apparentemente nell’illustre schiera dei compositori italiani che hanno segnato il destino della musica europea Luigi Boccherini si è ricavato una posizione laterale per quanto riguarda lo sviluppo dei generi strumentali coltivati parallelamente ad Haydn e a Mozart.
Rappresentato nel 1768 come azione teatrale ad uso di una rappresentazione privata richiesta da una ricca dama francese, Piramo e Tisbe, penultimo lavoro scenico di Johann Adolf Hasse, è subito parso al suo stesso autore come una riuscita inaspettata (“Io la metto tra le cose migliori che ho fatto, tanto più che nel fabbricarla mi son sempre sentito secondato da un estro sommamente favorevole, articolo non indifferente e di cui noi altri compositori non siamo sempre padroni”).
È un fatto che il film sonoro abbia tracciato al cinema uno sviluppo in cui il parlato ha prevalso sul suono in quanto tale.
La raccolta di musica monteverdiana, pubblicata da Riccardo Amadino in Venezia nel 1610, è di notevole importanza storica da qualsiasi aspetto la si voglia considerare. L’apparizione abbinata del Vespro e della Messa a sei voci “In illo tempore”, oltre alla presentazione di due opere prestigiose, apre una prospettiva di concezioni artistiche nuove, determinate appunto dalla coesistenza di composizioni tanto diverse uscite dalla mente e dalle mani dello stesso autore.