• Diario d'ascolto
  • 22 Settembre 2019

    SOLIDARIETA' ALL'OMBRA DEL PATERNALISMO

      Carlo Piccardi

    Alla gioviale cerchia del divertimento musicale cresciuta intorno a Schubert il modo innocuo in cui si profilava, sulla spinta della gioia di vivere e dell’edonismo tipicamente viennese, non bastava a sottrarla all’attenzione dell’occhiuto capo della polizia Sedlnitzky. Una sera in cui Schubert con gli amici era riunito in casa di Johann Senn irruppero gli sbirri a perquisire l’appartamento. Ne nacque l’imputazione di appartenenza ad associazione studentesca illegale, partecipazione a una riunione vietata ed “emulazione della vita degli studenti tedeschi”. Schubert e altri se la cavarono con l’accusa di insulto a pubblico ufficiale. Senn fu arrestato e trattenuto in carcere per quattordici mesi. A distruggere la sua carriera era bastata la frase colta nel diario di un suo compagno: “Senn è l’unica persona che ritengo capace di morire per un’idea”. Nutrire fede in un ideale a quel tempo e in quel luogo era una colpa che poteva stroncare il destino di un individuo.

     

    Il processo al pensiero intimo mirava a spegnere ogni pulsione, scavando un fossato tra le azioni di chi aveva il coraggio di sfidare le innumerevoli forme di censura e il piccolo cabotaggio di chi, accettando di circoscrivere il proprio agire alla sfera sottoposta al controllo dell’autorità, riusciva a superare il sentimento di viltà solo nella sfrenata spensieratezza. Tale spaccatura si verificò nella stessa cerchia di Schubert quando, trascinato dal destino di Senn a meditare sul senso della propria esistenza, Franz von Bruchmann si ritirò in isolamento buttandosi a capofitto in meditazioni panteistiche, rinfacciando agli amici di basare la vita intera sul piacere e compromettendo l’amicizia con Schubert e Moritz von Schwind, che rappresentavano il versante più gioviale del gruppo. 

     SCHUBERT RITRATTO 2

    In verità vale la pena di considerare un aspetto dell’identità viennese che probabilmente ha evitato alle sue espressioni lo sbocco nella radicalizzazione.
    Se il Viennese ama la vita che vuole ritrovare rappresentata sul palcoscenico capace di dargli l’illusione del vero, d’altra parte di questa verità fa parte anche la proiezione nel fantastico. Il fiabesco non è necessariamente l’irreale. A volte a Vienna la verità del reale si ammanta di soprannaturale senza dar luogo a una contraddizione ma semplicemente per manifestare la pienezza del vivere.
    Il commediografo Ferdinand Raimund fu apprezzato proprio per la capacità di innestare la fantasia nella rappresentazione del quotidiano senza che questo perdesse il suo peso specifico. Ciò metteva a nudo la condizione degli abitanti della capitale imperiale che riuscivano a superare le loro frustrazioni, in virtù non della fuga nel fantastico, ma evitando di porsi la domanda: che cosa è vero, che cosa è falso? A Vienna non c’era quindi modo di giungere all’estremo, e ciò spiega la sua resistenza alla dimensione dirompente del Romanticismo, che vi penetrò con moderazione. 

     SCHUBERT IN CAMPAGNA

    L’aura di demonicità, la vibrazione magica del soprannaturale che nel Romanticismo nordico fa da cornice alla visionarietà spesso torbida e sofferta, vi lasciò il posto a forme che non perdono mai di vista la grazia e l’eleganza, vissute come espressioni di un modo condiviso di intendere l’esperienza, che non portano l’individuo all’isolamento ma che lo mantengono nel quadro di una comunità del sentire, che spiega la socievolezza di quell’ambiente e il peso che vi ebbe la musica nel delinearne l’identità. “A Vienna si vive sempre per metà nella poesia – aveva scritto Grillparzer - si è poeti anche senza aver mai scritto un verso”. La prosaicità borghese, altrove additata come scadimento dei valori nella caricatura del Biedermeier, a Vienna non si lasciava intaccare dalla banalità e dalla volgarità. Vi dominava l’arte del vivere semplice, familiare, in equilibrio tra la grazia e la serietà in una dimensione autoreferenziale, poco propensa ad intraprendere viaggi all’estero, preferendo le passeggiate nella campagna circostante con la famiglia.

      SCHUBERT AND FRIENDS
    Franz Schubert con Johann Baptist Jenger e Anselmo Huttenbrenner

    Era questo l’ambiente in cui si muoveva Schubert, artista in anticipo sui tempi, ma il quale non potè mai prescindere dai termini in cui era data tale proverbiale socievolezza, e il quale ne patì la perdita quando i casi della vita dispersero gli amici che avevano costituito il contesto che formava la cassa di risonanza delle sue tenui corde espressive. Un rapporto organico lo legava al senso di comunanza fisica nell’ambito di amicizie intessute fin dall’adolescenza.
    Nel necrologio che gli fu riservato da Eduard von Bauernfeld leggiamo: "L’immediata naturalezza che tutto il suo essere comunicava, e l’ottimo umore che scaturiva da questo benessere, faceva sì che attorno a lui si raccogliesse sempre un gran numero di amici e di giovani compagni..."

    Nel periodo in cui Schubert faceva il suo ingresso nel mondo, nella sua città si era formato un gruppo in cui si raccoglievano alcuni giovani uomini. Si trattava per lo più di poeti e pittori uniti da un’autentica propensione per l’arte e concordia di intenti; presto divennero amici e nella loro cerchia entrò anche Schubert. 
    Non sarebbe bastata quindi la disposizione alla socievolezza tipica dei Viennesi a spiegare la motivazione che condusse quella cerchia a riunirsi nelle Schubertiadi in atmosfera svagata tra canti e danze, ma la ragione sarebbe da individuare nella loro aspirazione ad affermare un ideale artistico superiore. 

    Anni dopo la morte di Schubert, quando nel 1849 la spallata subita dalla Restaurazione lasciava intravvedere un allentamento della maglia costrittiva per decenni imposta ai sudditi, Johann Senn ripensava alla sua esperienza viennese proprio come al prodromo dell’emancipazione dal potere assoluto: "I movimenti di liberazione tedeschi tra il 1813 e il 1815 hanno gettato anche in Austria i semi di una significativa insurrezione spirituale. Tra l’altro a Vienna si stava formando, allora solo istintivamente, senza alcun accordo, una formidabile società di giovani letterati, poeti, artisti e uomini di cultura che dopo il suo scioglimento sparse i germi del futuro in ogni direzione [...] In questa cerchia Schubert componeva i suoi canti [...] Anche le mie poesie, di cui alcune furono musicate da Schubert, nacquero in questa cerchia".

    Johann Chrysostomus Senn
    Johann Chrysostomus Senn

    Sintomatico è il fatto che nelle coordinate viennesi la coscienza di un’opposizione non sia maturata in base all’elaborazione e al confronto di idee tradotte in programma politico, ma come uno stato d’animo prodotto dalla pressione degli eventi e soprattutto a partire da un rapporto di solidarietà tra individui. Era la specificità di quell’ambiente, in cui il valore primario era dato dal sistema di relazioni che in certo qual modo veniva prima dell’individuo. Schubert non fu infatti quell’artista inattuale trasmessoci dalla leggenda. Quando i casi della vita portarono gli amici a disperdersi in attività e in luoghi diversi, egli fu il primo a patire la mancanza di tale condizione intersoggettiva e ad esprimere il suo stato d’animo in una lettera a von Schober (21 settembre 1824), in cui metteva a confronto il tempo felice con il “miserabile mondo” che gli si parava davanti.

    "Se soltanto fossimo insieme, tu, Schwind, Kupelwieser e io, ogni fastidio mi diventerebbe sopportabile, ma siamo divisi, ciascuno nel suo angolo, e questa è la mia vera disgrazia. Vorrei gridare con Goethe: “Chi mi renderà anche solo un’ora di quel tempo felice?” Di quel tempo, in cui si stava fianco a fianco, pieni di fiducia, e ognuno mostrava agli altri con materna apprensione le sue creature artistiche, attendendo, non senza inquietudine, il loro giudizio affettuoso e sincero; in cui uno si faceva ispirare dall’altro e tutti insieme si aspirava al grado più alto della bellezza".

    SCHUBERT AL PIANO

    In queste parole è racchiuso un ideale che colloca Schubert non nel versante dell’arte per l’arte, ma al centro di una presa di coscienza che pensava in termini sociali, di rapporti tra gli individui, dove solo le circostanze dell’”età del decadimento” impedivano al popolo di apprezzare “le rime d’oro”, al popolo evocato nella poesia allegata alla lettera a Schober (Klage an das Volk!) in termini fatali:
    O gioventù perduta del nostro tempo,
    Forza svanita di un popolo immenso,
    non uno che spicchi nella massa,
    solo moltitudine senza importanza.

    [...] Soltanto a te, arte sacra, è ancora concesso
    dipingere il tempo della forza e dell’azione,
    per alleviare un poco il grande tormento,
    che le rende inconciliabili con il destino.

    L’evidenza data alla bellezza intesa come selezionatrice di una nobiltà del sentimento, che come élite morale si sostituisce alla nobiltà per nascita, ha indotto Michael Kohlhäufl a riconsiderare il celebre quadro Schubert-Abends bei Joseph von Spaun, che Moritz von Schwind dipinse nel 1868. Se confrontiamo la tela con l’altrettanto celebre quadro intitolato Liszt am Klavier (1840) di Josef Danhauser è facile notare la differenza d’impostazione relativamente al punto centrale, rappresentato in ambedue i casi da un musicista in azione.

    SCHUBERT ABEND 2
    Moritz von Schwind, Schubert-Abends bei Joseph von Spaun (1868)

    Nel quadro di Danhauser ad imporsi su tutti è Liszt che troneggia al pianoforte, mentre lo Schubert di von Schwind risulta seminascosto nel folto e serrato gruppo di astanti e quasi sovrastato dalla mole del tenore Johann Michael Vogl, tutti ugualmente importanti, con distinzione riservata al primo semicerchio delle donne sedute. L’atteggiamento di concentrazione accomunante gli individui è indice della tensione dell’ascolto, mentre l’esibita componente femminile simboleggia la sua doppia funzione, ispirante e adorante nel rapporto estetico.

    LISTZ AL PIANO
    Josef Danhauser, Liszt am Klavier (1840) 


    Von Schwind non ha inteso evocare il genio di Schubert, rappresentandolo nella sua figura, ma, fondendola nel contesto degli ascoltanti, ha rappresentato l’ascendente della sua musica che si esprime nel modo in cui essa collettivamente ispira i presenti. Confrontata con la citata rappresentazione di Liszt, prorompente nella sua individualità ad indurre stupore, l’opera di von Schwind evidenzia lo spirito di comunità, di scambio, di condivisione del sentimento che anima un consesso che non fa solo da cornice al musicista ma che lo completa.
    Nel suo quadro schubertiano egli intendeva rappresentare un valore che il Romanticismo aveva negato, cioè la Geselligkeit, la dimensione della socievolezza, del modo collettivo di recepire il messaggio artistico nel dialogo aperto tra pubblico e compositore.
    Quel fermentante contesto di relazioni è testimoniato dalla lettera che il 12 aprile 1816 Anton von Spaun scriveva alla fidanzata: "Sono seduto in una piccola camera presso Schober, dove i miei fratelli, Josef Kreil, Schubert, ecc. mi girano intorno come per aspettare che concluda il mio scritto: finalmente, per non disturbarmi, si trasferiscono in una camera attigua e Schubert inizia a suonare il pianoforte, ciò che mi confonde ancora di più. Tuttavia attraverso i suoi suoni il mio cuore diventa più nostalgico - soprattutto qui mi sento possibilmente ancor più felice di prima, quando qui vedo l’inversa, inquieta, vuota brama degli uomini, dove i migliori si lamentano incessantemente che ai più ardenti desideri del loro cuore non corrisponda nessun riscontro e neanche una speranza".

    SCHUBERTIADE 3 
    Schubertiade

    Una reciprocità di stimoli caratterizzava tali incontri dove la musica di Schubert manteneva il senso colloquiale della tradizione. Nelle Schubertiadi il musicista non era chiamato solo a presentare le sue nuove creazioni, ma anche ad intrattenere gli amici accompagnando le danze al pianoforte. Era qualcosa di più di una complicità fra giovani ancora focosamente legati all’esperienza studentesca. È significativo che a volte le Schubertiadi, combinate con gite in campagna, si prolungassero per più giorni nei dintorni di Vienna o addirittura sconfinassero nella Bassa Austria, con passeggiate, giochi di società, conversari, che documentano una dimensione artistica legata al quotidiano. 

    In tali coordinate usciva rafforzata la prospettiva del disimpegno, che in gran parte era dunque la conseguenza delle misure di controllo politico praticate durante la Restaurazione. Della sovranità limitata in cui si svolgevano le Schubertiadi abbiamo varie testimonianze degli amici del compositore, come quando in casa dell’attore Anschutz, dopo un paio di pezzi per pianoforte, Schubert intonò una serie di danze seguito dall’allegra brigata disposta a ballare a coppie.
    "All’improvviso mi fu annunciato che un estraneo voleva parlarmi. Era un commissario di polizia che ordinava la sospensione del ballo poiché si era in Quaresima". 

    Il sistema di vigilanza era quindi giunto al punto da seguire una logica propria di accanimento addirittura controproducente. Nel momento in cui si arrivava a gestire perfino il sorriso per decreto, ciò fatalmente non faceva che produrre una crescita d’interesse per il suo contrario. La censura diventava con ciò il modo per consacrare ciò che veniva additato come frutto proibito, legando indissolubilmente la facciata al suo rovescio. 

    Schubert in questo senso ne è la dimostrazione, nella misura in cui la sua esperienza si presenta divaricata sui due fronti, quello che come nessun altro musicista lo vide in anticipo sui tempi e quello integrato alla vita sociale del tempo che lo espose direttamente sul fronte Biedermeier.