• Diario d'ascolto
  • 6 Ottobre 2023

    OPERA AL FEMMINILE

      Carlo Piccardi

    Al di là della funzione del personaggio femminile nell’opera in genere è fuori dubbio che nel ruolo assegnatogli sia possibile rintracciare l’ago della bussola estetica romantica.

    Innanzitutto il personaggio femminile vi appare come sede di empito e di instabilità di sentimento, in altri termini come arco capace di lanciare più lontano oltre l’orizzonte le frecce dell’emozione. Secondariamente l’Ottocento operistico può anche essere visto come un campo di contesa, in cui la figura della donna vieppiù incombe rosicchiando il piedistallo del personaggio maschile, cantando la sua prima selvaggia vittoria in Carmen, effondendo sentimentalità sull’ampio spazio riservatole nel ventaglio operistico di Massenet e imponendo la propria visione del mondo nei drammi pucciniani dove risulta irrimediabilmente affossato l’ideale eroico che nessun tenore riuscirà più a incarnare, men che meno quel Cavaradossi caduto vittima più per essersi trovato nell’ingranaggio di malvagia macchinazione che per conclamata fede repubblicana.

    CALLAS COME VIOLETTA
    Maria Callas in Traviata

    Di fronte all’impallidire del ruolo maschile, la donna nell’opera romantica percorre un itinerario che dall’astratta vocazione alla virtù la conduce ad arrendersi alle forze della sua propria natura, sia essa la travolgente passionalità dell’eroina di Bizet oppure il virginale languore di Mimì. Al centro di questa riflessione compare sintomatica la Traviata, la cortigiana che detiene il deflagrante potere di mettere in questione il sistema dei valori morali della civiltà borghese, la stessa che celebra efferata vittoria nella Lulù di Alban Berg-Frank Wedekind.

    LULU
    Lulu di Alban Berg

    Ma quale distanza più abissale è tracciabile al di là del vallo che separa la trepidante umanità di Violetta dalla degradata animalità del personaggio berghiano. L’odore di santità in cui muore l’eroina verdiana è sintomo della difficoltà di rinunciare alla lente idealistica proprio nel primo capolavoro scenico musicale che osava accogliere la scabrosa realtà contemporanea.

     SUTHERLAND IN LUCIA
    Joan Sutherland in Lucia di Lammermour

    Ma lo stesso livello è leggibile nella donizettiana Lucia di Lammermoor che muore onorata sulla tomba dall’amato trascinato a compiere il gesto suicida per affrettare in cielo il ricongiungimento dei due destini, la cui luminosità lascia in ombra la follia che ha macchiato di sangue maritale le mani della disperazione femminile.

     FRENI MIMI
    Mirella Freni in Bohème

    Sennonché mezzo secolo dopo ben diversa sarebbe apparsa la figura di Tosca, irretita in un groviglio di sentimenti in cui passione e gelosia non le avrebbero lasciato più spazio di gioia, trascinando la sua generosità all’atto cruento che irreparabilmente ne avrebbe segnato il torbido destino. Nell’opera dell’Ottocento la donna compì dunque una parabola in cui, nel venir meno dell’irradiante proiezione di visioni ideali, trascolorò pure il vigore dello stesso linguaggio che, oltre a passare attraverso la mutevole tavolozza armonica pucciniana che rimane nella storia dell’opera un riferimento indelebile, giunse alla soglia dell’espressionismo berghiano a pregiudicare le proprie virtualità comunicative proprio consumando i nitidi contorni dell’immagine femminile.