• Diario d'ascolto
  • 5 Settembre 2023

    MINIATURE AMERICANE

      Carlo Piccardi

    Di discendenza scozzese e irlandese, come tutti i compositori americani dell’epoca che contano, Edward Mac Dowell (1861-1908) fu formato in Europa: a Parigi (dove ebbe contatti con Franck, Debussy e Massenet) e a Francoforte (dove fu allievo di Joachim Raff). Il compositore fu anche pianista, per cui lo strumento a tastiera occupa una parte estesa e centrale nella sua opera. 

    Pianisticamente la sua esperienza discende dal pezzo caratteristico, dalla sintetica formulazione accesa da folgorazioni di memoria visiva o poetica. Vi spiccano le due serie Woodland Sketches op. 51 (Scene della foresta) e Sea Pieces op. 55 (Pezzi del mare) risalenti al 1896 rispettivamente al 1898.

     WOODLAND SKETCHES

    Data l’epoca, il paragone non può più essere tentato con Schumann e con Grieg, punti di riferimento fondamentali di tal genere, e dovrebbe già tener conto dell’apporto di Debussy come messa a punto di un modello immaginifico di nuovo tipo. In tal caso l’americano ne uscirebbe nella statura di epigono, come normalmente viene considerato, in un inquadramento che non tiene però conto della condizione «sradicata» di artista chiamato ad agire nel Nuovo Mondo alla ricerca di un’identità che allora si presentava evidentemente in complessa prospettiva, tra adesione supina ai modelli accademici europei e definizione di uno stile nazionale. È interessante quindi misurare il quoziente di «americanità» in Mac Dowell che in un certo senso rovescia i limiti della sua concezione in originalità.

    Il riferimento immaginifico è alla natura, con titolazioni che potrebbero addirittura appartenere a Debussy e rimandare alla pittura «impressionistica» (A una ninfeaNel mezzo dell’oceano, ecc.). Diversamente dal francese c’è però sempre disegno e non c’è mai atmosfera: la nettezza del tratto ubbidisce a un bisogno di plasticità confermato dal prevalere dell’arco melodico nella sua integrità sulle divaganti tendenze dell’armonia. Il rapporto con la natura è quindi in un certo senso tattile, diretto e non mediato secondo un atteggiamento tipico della sensibilità degli uomini del nuovo continente, rifuggenti dalla tentazione dell’idealizzazione per misurare la realtà con il metro concreto della dimensione del vissuto. L’impianto dei brani, data la sinteticità, è lirico ma senza passione, senza prorompente coinvolgimento drammatico, mentre il mistero a cui allude lo spostamento del discorso nei registri bassi in Dagli abissi, che avrebbe alimentato il fremito panico di un Debussy, si esterna in contemplante e attonito atteggiamento.

    FROM THE DEPTHS 

    Evidentemente Mac Dowell non ha nulla in comune con quei compositori americani, a partire da Anton Philipp Heinrich, confrontati con l’enormità di spazi naturali vergini (praterie, cascate, canyons, ecc.) che ispiravano dilatate pagine di musica di abnorme monumentalità. Mac Dowell si concede alla miniatura che non disdegna il luogo comune del gorgogliante saltellare di note acute evocanti il Ruscello di una prateria, così come il suo mare rifugge dall’evocazione del grandioso spettacolo naturale.

    TO A WILD ROSE

    Ma, anche senza tale conferma, la sua sensibilità tradisce ugualmente l’origine americana riscontrabile altresì nella trasparenza d’impianto, nella semplicità a volte esibita in tratti apparentemente allarmanti, oppure nel gusto per la citazione (la comparsa di una melodia di canzone domestica alla Foster in Una fattoria abbandonata) e l’ingenuità retorica da inno (tra il chiesastico e il nazionale) negli scanditi accordi di Al mare.