• Diario d'ascolto
  • 3 Agosto 2023

    BALLETTO DAGLI USA

      Carlo Piccardi

    Nel moderno panorama coreografico una posizione preminente è detenuta dagli Stati Uniti, che vi primeggiano da oltre un secolo. Il primo vistoso esempio di tale processo si lascia cogliere all’inizio del Novecento nell’azione di Isadora Duncan, diventata simbolo mitico della libertà (anche in senso politico e dell’emancipazione femminile) pur nel vagheggiamento di un ideale di danza classico ellenico.

    In verità la mancanza di un verificabile riscontro storico-scientifico, ma soprattutto l’assenza di conformismo e di vincoli culturali nella società americana, favorirono un’esperienza sviluppatasi su un piano di esasperato eclettismo, giunta a infrangere quei canoni che avevano irrigidito la danza europea. Il senso di libertà, di naturalezza, di corporeità nella Duncan furono in certo qual modo perfino superiori all’opera di rinnovamento dei Ballets Russes, pervenuti a una raffinata oggettivazione del gesto coreutico, ma all’interno di un codice rigidamente prescritto.

     MARTHA GRAHAM
    Martha Graham

    La riprova è data proprio da colui che si trovò a sintetizzare i due mondi: George Balanchine, formatosi appunto nella favolosa impresa di Diaghilew ed approdato nel 1934, a Nuova York. Pur apprendendo in America una concezione del gesto angolato e una dinoccolata mobilità, le sue geometriche astrazioni obbediscono ancora a un’idea di eleganza che trascende il corpo. La verità della danza d’oltre oceano, più che nella purezza delle linee, è da ricercare nella plasticità dei movimenti insegnati da Martha Graham, la vera capostipite di una tradizione che ha in seguito raggiunto anche l’Europa. Ciò era possibile solo in un contesto culturale libero da pesanti ipoteche storiche che, nel vecchio continente, agivano soprattutto come imposizione di confini insuperabili tra i generi coreutici, della danza e della pantomima per esempio. In un’America che, al contrario, si trovava ad inventare quasi dal nulla e dove non sussistevano preconcetti, erano possibili sintesi altrimenti impensabili. Soprattutto non vi agiva quel livello gerarchico (distinguente tra espressione nobilitata ed espressione spontanea) che condannava la danza europea alla prospettiva dell’accademismo.

     ISADORA DUNCAN
    Isadora Duncan

    I coreografi americani, formati ad abitudini coreutiche popolari in parte arricchite dalle modalità rituali provenienti dalla tradizione africana, sono stati invece capaci di integrarvi un nuovo vasto patrimonio di gesti e concetti che, per la loro aderenza alla vita di tutti i giorni, rispondono di più alle moderne esigenze rappresentative. Inoltre, dagli esercizi di danza di tipo atletico, praticamente sconosciuti in Europa, essi hanno ricavato le basi per possibilità inventive di nuovo tipo che hanno portato oltre il pensabile i confini dell’immaginazione attraverso la gestualità. Usando i mezzi dell’acrobazia, imponendo agli arti le contorsioni più inverosimili, combinando i corpi in un collettivo integrato si sono prodotti risultati stupefacenti che superano la fantasia dello spettatore.

     BALANCHINE
    George Balanchine

    Alla base degli esiti di tali scuole è certamente da considerare il significato della danza nelle sue manifestazioni più spontanee nella società americana, misurabile a vari livelli (da noi percepibile soprattutto attraverso il musical e il film musicale). Su un interesse e una pratica similmente diffusi è possibile operare selezioni in funzione del conseguimento di risultati ormai ampiamente dimostrati. In un’Europa dove la danza costituisce ancora disciplina circoscritta non è sato possibile gettare basi equivalenti. Il nostro continente possiede tuttavia istituzioni e strutture organizzative che gli USA, dove anche questo tipo di ricerca è lasciato all’iniziativa privata, non hanno. Ecco quindi la ragione del flusso migratorio delle migliori compagnie di danza americane verso il vecchio continente, non solo attraverso il canale usuale dei giri artistici, ma a volte trapiantando la loro attività in teatri e sedi stabili, destinando quindi a fare scuola.