• "FRAMMENTI E COLLAGE"
  • 9 Giugno 2015

    Ruskin, Turner e “The Harbours of England”

      a cura di Vincenzino Siani

    “In questo periodo Turner si persuase principalmente di un altro fatto, e cioè che anche il Mare era una cosa che andava in frantumi.

    Il mare fino ad allora era stato considerato dai pittori generalmente come una cosa di composizione liquida, tendenzialmente piana e uniforme, con una superficie levigata, che si sollevava fino a una linea di galleggiamento sui lati delle barche; in cui le barche dovevano scientificamente essere calate, e bagnate, fino alla suddetta linea di galleggiamento, e rimanere asciutte al di sopra. Ma Turner trovò durante il suo viaggio sulla costa meridionale che il mare non era questo: che era, al contrario, una cosa veramente incalcolabile e inorizzontale, che pone il suo segno del “livello dell’acqua” talvolta nell’alto del cielo così come sui fianchi delle barche; - davvero facile a frangersi; metà di un’onda separabile dall’altra metà. E capace in un attimo di penetrare per miglia dentro la terra; - non limitato in alcun modo a uno stato di apparente liquidità, ma pronto ora a colpire come un guanto d’acciaio, ora a trasformarsi in una nuvola e svanire, nessuno sguardo potrebbe dire dove; un momento cava di pietra, un altro colonna di marmo, quello successivo semplice schiuma bianca che addensa la pioggia tuonante. Egli non dimenticò mai questi fatti e mai in seguito riuscì a recuperare l’idea di una positiva distinzione tra mare e cielo, o mare e terra”.

    (John Ruskin. Works)