• Diario d'ascolto
  • 8 Aprile 2023

    LA FABBRICA DELLA MUSICA

      Carlo Piccardi

    Nell’approccio alla musica non sempre il pubblico si rende conto dell’apporto determinante svolto dai supporti organizzativi alla sua diffusione. Teatri, enti concertistici d’altronde appaiono appena profilati persino negli studi monografici nel delineamento della fortuna di grandi e piccoli compositori, il cui destino sarebbe impensabile senza quei canali attraverso i quali fu ed è possibile la comunicazione. Attenzione ancora minore è riservata alla componente editoriale, attiva fin dal Cinquecento, ma che da più di due secoli si pone quale fattore di mediazione prioritario fra il compositore e la vita musicale.

    Si dà così il fatto che non solo le trattazioni storico musicali non ci illuminino sufficientemente sul ruolo delle case stampatrici di musica, ma persino le enciclopedie le cui schede informative su Breitkopf & Härtel, Bernhard Schott, Artaria, Durand, ecc. si limitano alla catalogazione senza indagare sui risvolti promozionali e sulla formazione del gusto legata al compito editoriale. 

    GIOVANNI RICORDI
    Giovanni Ricordi

    Fra di esse quella che spicca è certamente Casa Ricordi. Nell’arco secolare della sua attività la vicenda del complesso editoriale milanese non solo si incrocia, ma si salda strettamente all’evoluzione musicale italiana costituendone parte integrante fin da quando il fondatore, Giovanni Ricordi (1785-1853), registrando il radicale cambiamento di gusto intervenuto nel secondo decennio del secolo, fece di Rossini l’autore guida della sua Casa presentandone nel catalogo del 1825 l’«opera completa» (in realtà si trattava di 19 opere). Da quel momento in poi le sorti del teatro musicale italiano si sposarono alle ragioni editoriali del complesso milanese che, riunendo nel suo catalogo i nomi degli autori più correnti (Vaccai, Pacini, Mercadante, Ricci, Meyerbeer ecc.), non mancherà di puntare con infallibilità sulle figure guida che avrebbero determinato i momenti risolutivi dello sviluppo estetico di quel filone fino ai decenni più vicini a noi, attraverso Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini.

    La presenza di Ricordi si sviluppò inoltre anche su altri due piani dello scacchiere musicale, quello della didattica (consacrato fin dal primo catalogo dove egli si definiva «Editore dell’Imperial Regio Conservatorio di Musica di Milano» introducendo i trattati e i metodi di Asioli e Pollini capostipiti di una vasta produzione che fino a oggi ha costituito il passaggio obbligato per tutti gli studenti di musica dell’area culturale italiana) e quello della musica di intrattenimento che, attraverso la produzione da salotto, per banda, le canzonette napoletane e la moderna musica leggera nella sua versione discografica, mostrano la capacità dell’imprenditore di occupare tutti gli spazi dell’espressione musicale garantendosi un ruolo che fu sempre di protagonista.

    TITO RICORDI E GIACOMO PUCCINI
    Tito Ricordi e Giacomo Puccini

    Il fascino di Casa Ricordi è rimasto tuttavia consacrato dalla capacità di coniugare senza contraccolpi di sorta e grazie a uno straordinario equilibrio delle scelte i valori culturali con le ragioni imprenditoriali, evidente soprattutto nel momento in cui Giovanni, accogliendo una proposta avanzata dal figlio Tito (1811-1888), nel 1842 diede vita alla Gazzetta Musicale di Milano, non già intesa come organo della ditta ma come vera e propria rivista musicale che, pur adempiendo la funzione di sostegno alla linea editoriale, svolgeva compiti informativi su vasta scala guadagnandosi un merito soprattutto nell’intenzione di sottrarre la musica alla condizione di discriminazione e di subordinazione di cui aveva sempre sofferto nella società e nella cultura italiane. D’altra parte tale risultato non poteva mancare in un editore che Liszt aveva definito «il ministro residente della repubblica musicale, il salus infirmorum, il refugium peccatorum, la provvidenza dei musicisti erranti come me». Francesco Degrada ha evidenziato tale aspetto politico-diplomatico, attribuendo all’azione di Giulio Ricordi (1840-1912) «la capacità, non meno che straordinaria, di mediare ciò che a prima vista appariva contraddittorio e incompatibile, l’eredità risorgimentale e i fermenti della cultura della nuova Italia, il nazionalismo e l’internazionalismo, la tradizione e il rinnovamento, il melodramma e il dramma musicale e, last but not least, gli interessi dell’arte e quelli del profitto».

    GAZZETTA MUSICALE 1

    A Giulio, in particolare, va il merito non solo di aver fiutato, con Verdi e Puccini, da che parte avrebbe tirato il vento, ma di aver fondato con quei grandi autori un sodalizio che al di là dell’amicizia lo vedeva coinvolto come consigliere dall’intuito sottile e lungimirante. Sua rimane l’iniziativa della riappacificazione tra Verdi e Boito e la gestione di un rapporto fra i più complessi che fruttò la seconda versione di Simon Boccanegra, l’Otello e il Falstaff, mentre con Puccini il rapporto maturerà fino al punto di «interferire» nel lavoro di composizione vera e propria, (come dimostra soprattutto la lettera del 10 ottobre 1899 a proposito della prima versione di Tosca) e addirittura nella vita privata sentimentalmente movimentata del musicista, più di una volta richiamato dal paterno editore ai doveri di una grandezza artistica a cui le distrazioni sarebbero state fatali. 

    GIULIO RICORDIGiulio Ricordi

    Certo Casa Ricordi mancò alcuni bersagli, primo fra tutti la scuola verista. Pure il periodo postpucciniano fino al quinto decennio del secolo scorso segna un momento di stasi in cui è mancata la capacità di individuare le forze realmente emergenti: nel catalogo di quegli anni Dallapiccola vi è estraneo, mentre figure quali Casella, Malipiero, Petrassi vi compaiono solo marginalmente. Successivamente, recuperando le personalità italiane d’avanguardia impostesi internazionalmente (Luigi Nono, Bruno Maderna, Sylvano Bussotti, ecc.), Casa Ricordi è ridiventata punto di riferimento per le generazioni a venire, non solo avviando una colossale opera di sistemazione del suo patrimonio storico (l’edizione critica delle opere di Rossini e di Verdi in particolare), ma aprendo le porte agli esponenti dei nuovissimi e più giovani compositori (Ferrero, Vacchi, Guarneri, Maggi, ecc.) con la riscoperta del ruolo propulsore legato fin dall’origine alla sua lunga vicenda.