• Diario d'ascolto
  • 1 Giugno 2020

    L'IRREFRENABILE RIFLESSIONE DI LUIGI NONO SULLA PROPRIA MUSICA*

      Carlo Piccardi

    Non c’è praticamente compositore del Novecento che abbia mancato di documentare la propria posizione estetica attraverso gli scritti. È questo certamente un segno della situazione della modernità avanzata che, per il fatto di avere in un certo senso anticipato i tempi cogliendo il pubblico impreparato, ha indotto i compositori a cercare di abbreviare le distanze con gli interlocutori impegnandoli a orientarli con parole programmatiche.

     NONO GIOVANE
    Luigi Nono da giovane

    Il caso di Luigi Nono è sintomatico nel senso che, deliberatamente calato nel sociale, i suoi scritti e le sue interviste ci confrontano con un artista la cui coscienza del divenire è stata tale da proporci le sue riflessioni come una chiave di cui tener conto nella ricerca di un posizionamento coerente nel mondo mutevole, nei rapporti tra forze egemoniche e fattori di progresso, nella trasformazione radicale dei valori, dove l’autenticità è minacciata dal prevalere dello sfruttamento del fatto artistico attraverso mediazioni sempre più sofisticate, in cui la tecnologia sembra togliere all’uomo le ultime possibilità di scelta.

     NONO RITRATTO

    Parole di militanza - dettate dalla volontà di intervenire nell’esistente per trasformarlo, che abbiamo conosciuto nei momenti tormentati della guerra fredda, delle lotte di liberazione del terzo mondo, della contestazione studentesca, di cui portano il segno e anche il retaggio di luoghi comuni - a distanza di tempo non hanno perso le loro fondamentali ragioni e risuonano ancora cariche di motivazione, esaltate proprio dalla lapidarietà dell’espressione, spesso irruente e scomposta. Personalità mossa dall’impellente bisogno di testimoniare la sua coscienza critica, alla ricerca della parte viva della società con cui stabilire il dialogo, egli ha agito prevalentemente al di fuori degli schemi ereditati (mentali, linguistici, istituzionali), spiazzando anche coloro che gli sono stati vicini e che, nell’apparente venir meno della tensione rivoluzionaria (nel modo in cui a partire dagli anni Ottanta la sua solitudine si specchia melanconica nell’interiore ascolto di suoni al limite dell’impercettibile), sono venute a comprendere il silenzio “sonante di idee” dell’ultimo suo decennio creativo, come la preveggente risposta antagonistica al “pensiero unico” che, dopo la caduta del muro di Berlino, ha dilagato fomentando lo scetticismo e l’omologazione.

     luigi nono nuria schoenberg e bruno maderna
    Luigi Nono con la moglie Nuria Schoenberg e Bruno Maderna

    Se la parabola di Nono si è conclusa nella scelta individualistica del suo sottrarsi al mondo in uno stato di apparente impotenza di fronte al suo evolversi, il senso della responsabilità individuale al cospetto della realtà ha nutrito la sua azione artistica fino all’ultimo. Lo scrivere sulla propria musica e il parlarne ne sono il risvolto organico, non come semplice complemento illustrativo, ma come atto mirante a integrare in prospettiva ragionata la messa in discussione del ruolo del compositore e della funzione della musica già presente nelle sue scelte estetiche. La costante di tale incessante azione comunicativa ricorda l’uguale tenacia di Schumann, il quale fondò una rivista per farne la tribuna del Romanticismo musicale a fiancheggiare il suo impegno compositivo, e che, coi seguaci della Lega dei Fratelli di Davide contrapposti ai “filistei”, già si collocava ideologicamente (e addirittura “partiticamente”) nella scena musicale dell’epoca a indicare la via dell’elevatezza artistica rispetto al compromesso di una musica succube della quotidianità, in una scena esteticamente già dominata dalle ragioni mercantili. Nella foga con cui Schumann si lanciava nella condanna impietosa di Mayerbeer e di Donizetti per la “volgarità” dei loro successi troviamo esemplato il categorico disprezzo di Nono per i trasformismi del “neoclassicismo” novecentesco, svincolati dalla comprensione delle ragioni profonde di linguaggi manipolati nell’indifferenza delle proprie radici. 

    NONO INCA
    Spazio musicale per Prometeo di Luigi Nono, Venezia, 1994

    Nono ha vissuto pienamente il suo tempo, collegandosi agli eventi cruciali che lo hanno segnato, ogni volta decidendo da che parte stare, ogni volta verificando la coerenza della sua posizione in funzione dell’idea guida che lo muoveva nel senso di liberare l’espressione dalle maglie di una scrittura preformata, condizionata dalle varie forme di potere. I suoi scritti testimoniano la sua instancabile ribellione a ogni parola d’ordine, allo stadio in cui una scelta espressiva si traduce in sistema generalizzato. Lo rivela la sua opposizione al ‘realismo socialista’ e contemporaneamente il suo distacco dal feticismo weberniano dei compagni di strada di Darmstadt. Sintomatica è la sua considerazione di Schönberg, valorizzato non come padre della dodecafonia, ma come liberatore di potenzialità che vanno al di là della codificazione di un metodo compositivo per cogliere la spinta alla trasformazione in un quadro esteso alla cultura ebraica d’origine. Non c’è giudizio di Nono che non implichi la comprensione per le radici (da dove veniamo): l’avanguardia non è semplice ribellione (tabula rasa), ma la ricerca dell’orientamento (dove andiamo) sulla base di linee direttrici da individuare nella storia. Costante è dunque in Nono la coscienza della tradizione, maturata fin dall’apprendistato veneziano con Malipiero, con la scoperta dei Fiamminghi, di una musica che era anche scienza, dove l’espressione attraverso il suono corrisponde a una concezione del mondo, a un modo di pensare che la civiltà, come ha conquistato, ha anche perso e che merita di essere riscoperto. 

    NONO INCA

    I suoi scritti e le sue interviste rivelano allora come l’intera sua opera sia il crogiolo di questi pensieri, tappe di una riflessione continua dove sensibilità e ragione si intrecciano (“per me bello è qualcosa che mette in moto il mio pensiero”), dove l’idea non presiede in termini formanti all’espressione ma nasce dal suono stesso (“Io entro nello Studio di Freiburg, sempre ‘senza idee’”), in una prassi che domina la macchina proprio ricavandone le risorse e proponendole in ordini adeguati allo stadio dell’intelligenza della nuova percezione. Nel relativismo della sua condizione (per Nono più del vero conta il possibile), l’uomo è al centro del suo discorso, sia contro i tecnicismi rassicuranti dell’avanguardia darmstadtiana, sia nella partecipazione alle lotte di liberazione, sia nella ricerca di dimensioni sonore libere da costrizioni sociali, economiche e tecnologiche.

    L’ascolto, finalità in cui sempre egli ha trasceso tecniche e processi (di scrittura) messi in atto per approdarvi, è la condizione di base in cui è maturata la sua fede nell’uomo, nella capacità e nel coraggio di affrontare l’ignoto. Nel secolo delle avanguardie, dei suoi  radicalismi spesso effimeri, apparenti o aneddotici, nella tenacia quasi profetica della prospettiva degli “infiniti possibili” (in sintonia con Giordano Bruno) Nono testimonia un grado di coerenza che, non risparmiandogli l’urto con un contesto scettico e spesso ostile, oltre a farne un esponente di prima linea, l’ha portato a osare traguardi estremi, non contentandosi di mirare al nuovo ma inducendolo ad affacciarsi su terre incognite, a penetrare il suono come in una realtà non riducibile alla fisica risonanza ma prolungata in una dimensione in cui la musica recupera le sue potenzialità speculative, aperta su stadi cognitivi in cui è in gioco il rapporto del “musicista-uomo” col mondo nella sua totalità.

    IL CANTO SOSPESO
    Luigi Nono e Il Canto sospeso

    Di tale audace percorso i suoi scritti e le sue testimonianze costituiscono il risvolto motivazionale, in cui gli obiettivi si chiariscono nella vibrante determinazione che vi è sottesa, insieme alla curiosità inesauribile che guida la ricerca, allo stupore (spesso all’ingenuità) di fronte alle scoperte, all’instancabile messa in discussione dei principî acquisiti, all’afflato con cui trascina l’interlocutore nel vortice delle sue riflessioni, al senso di rischio che accompagna inevitabilmente un’esperienza di tal genere, paragonabile (più che a un’avventura) a un’esplorazione di spazi sonori non ancora conquistati.

    * Luigi Nono, Scritti e colloqui, a cura di Angela Ida De Benedictis e Veniero Rizzardi, “Le sfere” 35, 2 voll., Ricordi-Lim, Milano-Lucca 2001