• Diario d'ascolto
  • 18 Settembre 2022

    BRAHMS A VIENNA

      Carlo Piccardi

    Molti studiosi ritengono Brahms il continuatore di Beethoven e del classicismo viennese. Tuttavia, a un esame più attento, questo giudizio si rivela piuttosto infondato. Infatti, in tale giudizio duro a morire, non si è mai tenuto conto dell’estraneità a Vienna di un musicista sceso dal nord, che aveva lasciato dietro di sé il grigiore e il freddo delle brume anseatiche.

    Il giudizio di Eduard Hanslick in occasione della presentazione della Sinfonia in do min. op. 68 nel 1876 («la stretta affinità di Brahms con l’arte di Beethoven si impone con evidenza a ogni musicista che non l’avesse ancora percepita») equivaleva a un proclama. In verità ciò ebbe la conseguenza di far entrare nel vivo l’aspra lotta fra la fazione wagneriana e il partito brahmsiano in una Vienna che in fondo vi era coinvolta senza intima adesione, nelle cui vene scorreva la linfa di una tradizione in cui si specchiava l’eredità dei classici senza che nessuno si sognasse di trasformarla in oggetto di controversia.

     Eduard
    Eduard Hanslick

    Il confronto tra le fazioni riguardò principalmente i circoli accademici. Dal pubblico Brahms non fu mai compreso a fondo: la sua esistenza riservata a Vienna, oltre a un fatto caratteriale, corrispondeva a un parziale isolamento culturale. Lo storicismo tedesco lo predisponeva alla lezione dei classici da posizione privilegiata, ma ne spingeva la curiosità anche oltre, verso orizzonti non direttamente accessibili ai viennesi.

     BRAHMS SINFONIA 1

    Nella sua qualità di direttore dei concerti della Singakademie egli presentò in prima audizione l’Oratorio di Natale, varie cantate di Bach, cori di Schütz, manifestando nel contempo il suo interesse per Eccard, Isaac, Lasso, Gabrieli, ecc. Una simile visione, già nutrita da profondi studi comparati, non solo era insolita per Vienna, ma non era in tutto condivisa da Hanslick il quale, scoraggiando l’amico a occuparsi di Schütz, lo richiamava all’ordine, circoscrivendogli la problematica all’universo rivelato da Mozart.

    Era lo stesso limite che Hanslick tracciava all’orizzonte dei viennesi, impegnato com’era a scuoterli dal torpido abbandono alla musicalità del quotidiano, che aveva trasferito i suoi templi nelle sale da ballo animate dalla famiglia Strauss, sollecitandoli a riconoscervi e a onorare la filiazione dell’esperienza classicistica, ma nel contempo vigile affinché l’acquisizione di tale prospettiva non venisse spinta oltre l’oggetto del culto in regioni appartenenti ad altra giurisdizione. Per cui, quando Hans Richter dirigerà nel 1886 la prima esecuzione della Sinfonia in mi min. op. 98 alla Filarmonica, i viennesi l’avrebbero accolta tiepidamente trovandola troppo austera e troppo interiore, mentre un mese dopo, proprio per gli stessi motivi, alla presentazione di quella sinfonia di Brahms al Gewandhaus il pubblico di Lipsia ne avrebbe decretato il successo.

      BRAHMS SINFONIA 4

    Tedesco del nord, protestante, Brahms non rinunciò mai alla sua identità. Nel 1866, forse anche sotto la pressione degli eventi che avevano portato l’Austria al confronto bellico con la Prussia, egli pensò addirittura di far ritorno ad Amburgo: «Io non sono per niente un soggetto cosmopolitico e mi sento attaccato alla mia città natale come a una madre. Ora qui, dove ho tante ragioni per essere soddisfatto, sento e sentirò sempre che sono uno straniero e che non sono a mio agio.»

    Il grado di estraneità di Brahms alla città ospitante risulta ancora più marcato se si pon mente al ruolo a cui fu chiamato, che pretenziosamente cercava di rivitalizzarne l’aspetto emergente agli occhi della valutazione teorica dei romantici, ma non necessariamente agli occhi di coloro che a Vienna rimanevano fedeli a un’idea della musica intesa come integrazione estetica della condizione quotidiana. Non tutto ciò che proveniva dalla fucina brahmsiana vi filtrava quindi allo stesso modo: le sue composizioni strumentali cameristiche, proprio quelle dove è più dichiarato il confronto con l’eredità dei classici, trovarono difficoltà ad affermarsi, mentre la sua fama rimase prevalentemente affidata alla produzione liederistica e alle opere sinfonico-corali.