• Diario d'ascolto
  • 29 Maggio 2022

    ANSERMET, MUSICO E TEORICO

      Carlo Piccardi

    In un’intervista rilasciata a Jean-Claude Piguet nel 1963 così Ernest Ansermet si espresse: «Fino alla mia generazione compresa, i direttori d’orchestra possedevano in generale una formazione musicale nazionale, e ciò spiega il fatto che si consacrassero a un ben determinato repertorio. Per questo motivo si può sostenere che potessero facilmente cogliere il senso della musica nella quale erano educati (...).

    Al contrario i giovani direttori d’orchestra d’oggi si sono bruscamente trovati di fronte al repertorio internazionale della musica contemporanea che ha quasi del tutto perso ogni carattere nazionale. Inoltre, nel corso dei loro studi, si sono abituati a concepire la musica dall’esterno, come se essa si riducesse solo al testo (alla partitura) per il semplice motivo che non esistono più mezzi d’analisi che permettano loro di cogliere la natura interna di una musica, dei suoi reali significati affettivi».

    In verità Ansermet fu educato alla scuola dei musicisti francesi di cui divenne l’interprete per antonomasia, soprattutto per quanto riguarda Debussy. Tuttavia non si fermò a questo stadio che, per essere indagato criticamente, richiedeva il confronto con esperienze musicali d’altra estrazione. 
    La sua levatura intellettuale lo portò sempre ad estendere i suoi interessi ben al di là della pura e semplice pratica direttoriale. Studiò dapprima matematica e di questa disciplina, tra il 1906 e il 1910, fu pure insegnante. Sia musica sia matematica sono attività dell’immaginazione, sostenne Ansermet, e tra l’una e l’altra corre un parallelismo assoluto, l’una appartenendo alla sfera dell’intelletto e l’altra a quella del sentimento. Può apparire strana, considerata la sua formazione scientifica, la sua insistenza nel sottolineare i significati affettivi della musica. Ancor più paradossale potrebbe sembrare l’atteggiamento di rifiuto, tanto severamente enunciato verso la dodecafonia. Si sa che la teoria dodecafonica, già negli scritti di Schönberg e ancor più presso i suoi seguaci, ha in un certo senso rappresentato l’estremo tentativo di giungere alla composizione musicale attraverso procedimenti combinatori e metodi basati su calcoli numerici. Orbene tale teoria non trovò oppositore più accanito di Ernest Ansermet, il quale vi sorprendeva appunto una confusione di elementi non riconosciuti nella loro esatta qualità e funzione.

    ANSERMET MEDIA ETA

    Il rifiuto della dodecafonia non significa che il maestro si sia tenuto lontano dalle avanguardie. Ben noto è il suo sodalizio con Stravinsky, di cui oltre che fervido assertore fu stretto collaboratore soprattutto durante gli anni della prima guerra mondiale durante il soggiorno svizzero del compositore quando, sotto la direzione di Ansermet, fu per la prima volta eseguita l’Histoire du Soldat. Al di là degli apparenti barbarismi e dei grovigli ritmici del linguaggio stravinskiano, il maestro romando seppe subito cogliere la presenza di una natura musicale spontanea che poteva essere penetrata e compresa. Di qui le sue prestigiose interpretazioni della musica del russo, ancor oggi unanimemente ritenute le più attendibili per la capacità di mettere in luce la solida coerenza compositiva che vi sta alla base. L’esigenza di un rinnovamento del linguaggio oltre i limiti del pregiudizio imposto dalle forme di accademismo lo portò fra i primi in Europa a considerare il jazz; jazz che attirò la sua attenzione nel 1915 durante una tournée americana da cui tornò carico di testimonianze dirette a sollecitare l’interesse dei musicisti del vecchio continente verso tale espressione di moderno folclore.

    Ma i meriti culturali del grande direttore d’orchestra vanno ben oltre gli episodi citati. Oggi è possibile tracciare un bilancio della sua operosa carriera attraverso i numerosi dischi da lui incisi e ancora richiesti e gli scritti, tra cui l’enciclopedico volume apparso nel 1961 col titolo Les fondements de la musique dans la conscience humaine, che non solo costituisce una summa della sua ricerca teorica ma un riferimento essenziale per l’indagine estetica relativa all’insieme dei fenomeni musicali del nostro secolo.