• EDUCAZIONE, CHILDREN'S CORNER
  • 14 Aprile 2015

    Dopo il vulcano

      Vincenzino Siani

    I vulcani, sostiene Costanza, sono delle montagne incendiate che eruttano lava e fanno fumo.

    Krakatoa, Pinatubo, Stromboli, Fogo, Piton de la Fournaise. Fuji-Yama, Mauna Loa, Kilauea, Isabela e Fernandina. Eyiafjallajokul, Grimsvoetn, Myrdalsjokull, Snaffelsjokull.

    Non è la formazione di una squadra di calcio, compresa la panchina; sono nomi di vulcani. Terrificanti o gentili o impossibili.

    Vi sono vulcani in ogni regione del nostro pianeta, sulle terre emerse e in fondo al mare. Proprio così, in fondo al mare.

    Non ci credete? Siete scettici? Ebbene, prendete l’Atlante Zanichelli (ricorderete che per abbreviare lo abbiamo chiamato AZ) e andate a controllare il fondo di quegli immensi bacini colmi d’acqua e di vita che sono gli oceani. Troverete che nelle profondità più profonde dell’Atlantico, del Pacifico, dell’Oceano Indiano la crosta terrestre è attraversata da lunghissime fenditure che i geologi chiamano dorsali: da queste vere e proprie ferite aperte sgorgano nell’acqua lave incandescenti derivate da rocce e minerali che le elevatissime temperature e le immani pressioni presenti nelle profondità della Terra hanno fuso, rendendole fluide.

    Pensate che il 90% di tutti i vulcani della Terra sta sotto il mare, perlopiù lungo le dorsali medio-oceaniche; il rimanente 10%, circa 1500 vulcani attivi, sta sulle terre emerse.

    Sul fondo degli oceani l’effusione di lava è vorticosa e silenziosa; sulle terre emerse le eruzioni sono spesso annunciate e accompagnate da possenti e fragorose esplosioni: brandelli di lave, pezzi di rocce, polveri, ceneri, lapilli, vapore acqueo e gas, lanciati in alto nel cielo, oscurano la luce solare e poi, lentamente, ricadono a terra, perlopiù tutt’attorno al vulcano. A volte, trasportate da venti d’alta quota, ceneri e polveri approdano a terre lontane e vi si depositano. 

    Ma cos’è un vulcano? Come potremmo descriverlo?

    I geologi ci dicono che se tagliassimo a metà la Terra, così come facciamo con una mela, potremmo distinguere, dal centro alla superficie, tre strati: un nucleo centrale, rovente e fatto di materiali fusi; uno strato intermedio, detto mantello, e uno strato superficiale chiamato crosta.

    Dalla superficie al centro della Terra la temperatura cresce e diventa tanto più elevata quanto più ci avviciniamo al cuore del pianeta. A qualche km di profondità dalla superficie, temperatura e pressione sono talmente alte da fondere le rocce, da renderle liquide: i fluidi prodotti da tale fusione sono chiamati magmi.

    E dunque, possiamo definire vulcano qualsiasi frattura della crosta terrestre attraverso la quale dal ventre caldo del pianeta emergono in superficie i magmi.

    I vulcani sono i condotti, i camini, tramite i quali i magmi, e cioè le rocce fuse, raggiungono la superficie del pianeta, depositandosi sui fondi marini o sulle terre emerse a seconda che i condotti vulcanici imboccati vadano a finire in mare o sui continenti.

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    Quando arrivano in superficie, i magmi assumono il nome di lava; studiarne i caratteri è, per geologi e vulcanologi, aprire una finestra sui segreti del mondo sotterraneo.

    Che succede della lava e di tutti gli altri materiali eruttati dal vulcano una volta guadagnata la superficie del pianeta?

    Per i luoghi lambiti dalle eruzioni vulcaniche è la fine, il disastro, l’apocalisse. Le lave, appena eruttate, hanno temperature vicine ai 1000 °C, sufficienti a distruggere la vita vegetale e animale su tutte le aree coperte. Gas, ceneri e lapilli, incandescenti al momento dell’eruzione, a volte possono generare nubi ardenti che scendono velocissime lungo i fianchi del vulcano e bruciano e soffocano tutto quanto trovano sul loro cammino.

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    Per tutto ciò potremmo considerare i vulcani e le loro eruzioni quanto di più negativo possa toccare ad un territorio.

    Ma non è così: in natura, un evento che giudichiamo per tanti aspetti disastroso rappresenta contemporaneamente una opportunità per il pianeta di rinnovarsi e per tante specie vegetali e animali di iniziare un ciclo di prosperità.

    Capisco dalla vostra aria perplessa che vi state chiedendo: che c’entra tutto questo con la nutrizione di noi bambini e ragazzi? Non si doveva parlare di educazione nutrizionale? A noi sembra più un articolo di geologia. O no?

    Avete quasi ragione. Tutto ciò sembra che non c’entri con argomenti legati alla nutrizione. Però, però...ormai dovremmo saperlo: sulla Terra tutto è legato a tutto; il nostro cibo deriva innanzitutto dalle piante; le piante sono legate al sole e al suolo; il suolo alle rocce; le rocce ai vulcani; i vulcani al calore del pianeta; il calore del pianeta alle leggi fisiche che governano Sistema solare e Universo. Noi siamo nell’Universo; o no? E per continuare a starci come uomini dobbiamo nutrirci.

    E dal momento che per il cibo dipendiamo dalle piante che a loro volta dipendono dal sole e dal suolo e che il suolo dipende dalle rocce.... anche noi dipendiamo dalle rocce. Oltre che da tutto il resto.

    Pertanto, silenzio! E riprendiamo il nostro discorso sui vulcani.

    Gas e vapori si disperdono nell’atmosfera; si pensa che proprio la loro liberazione nel corso di eruzioni vulcaniche avvenute qualche milione di anni fa sia stata determinante per formare l’aria che noi, oggi, respiriamo.

    La lava, a contatto con l’aria atmosferica o con l’acqua sui fondi oceanici, inizia ben presto a raffreddarsi e a solidificare in nuove rocce, in nuova crosta. Nel tempo, esposte alle escursioni termiche, all’azione della luce solare, dei venti, delle precipitazioni, ad azioni chimiche promosse soprattutto dall’acqua, le rocce costituite dalle lave eruttate cominciano a disgregarsi, ad alterarsi, a degradarsi e vanno a costituire nuovi suoli su cui cominciano ad attecchire forme di vita vegetali.

    Sulle terre emerse i primi ad arrivare sono i licheni, subito seguiti dai muschi. Le alterazioni indotte nelle rocce da muschi e licheni favoriscono l’attecchimento e la radicazione di altre piante; dopo le piante, e servendosi delle piante, fanno la loro comparsa microscopici animali, indicati dai biologi come fauna edafica. Le alterazioni della roccia e i minerali che ne derivano, le specie vegetali e la fauna edafica contribuiscono, tutti insieme, a creare quell’ambiente nel suolo che consente alle piante, e quindi alle colture, di vivere, crescere e riprodursi.

    Le piante che un giorno mangeremo si nutrono del suolo sul quale hanno radicato e ne assorbono i caratteri tipici che noi percepiamo avvertendone sapore e odori quando le consumiamo. Succede così che elementi di rocce fuse nel mantello terrestre ed eruttate come lave dai vulcani, vadano a costituire i suoli e da questi, succhiati dalle radici, passino alle colture, raggiungano i nostri piatti e colpiscano i nostri sensi con la tipicità dei loro sapori.

    Se educhiamo i nostri sensi saremo in grado di individuarli e, attraverso la loro percezione, riconoscerne i territori di provenienza. 

    Sentiremo il vulcano e la geologia del pianeta in certi oli di oliva e, quando saremo più grandi, in alcuni vini, sapidi e minerali, fatti con i frutti di piante che estendono le loro radici su antiche lave.

    Quanti lunghi viaggi, quante opportunità di conoscere la natura ci consentono i cibi!

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    Crediti: Disegni di Costanza Siani