EGON SCHIELE ALLA FONDATION LOUIS VUITTON
Ai tempi della Belle Èpoque, Vienna è stata la vera capitale intellettuale d’Europa. Gustav Mahler, Sigmund Freud, Adolf Loos, Stefan Zweig, Gustav Klimt, Egon Schiele… Tutti questi intellettuali e artisti hanno alimentano insieme il crogiuolo della modernità da cui hanno avuto origine modi nuovi di guardare all’uomo e all’arte.
Egon Schiele, nato nel 1890 e morto di spagnola nel 1918, generazione successiva a quella dei secessionisti storici, si dedicò giovanissimo a ricerche estetiche considerate estremamente sovversive, caratterizzate da un marchio di crudezza psicologica e sessuale che accompagnava una latente disperazione.
Insofferente di ogni disciplina, Schiele era ben cosciente che Vienna, fucina culturale in piena attività, soffriva di due mali: le antiche resistenze culturali alla modernità e la disonestà dei poteri politici e mediatici.
L’ostilità sociale valse a Schiele il carcere e la pubblica distruzione dei suoi disegni incriminati: la dissolutezza sessuale, giudicata licenziosa e perversa, i suoi soggetti cadaverici e morbosi, la sessualità disincantata e disperata, davano alle sue opere un sapore nichilista che la società viennese, intrisa del peggior gusto pompier, non era in grado di accettare.
Il suo tratto, la sua linea ornamentale (1908-1909), poi espressionista (1910-1911) poi ancora spezzata, frammentata ha accompagnato la sua breve esistenza in una riflessione profonda e angosciante sulla condizione umana.
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