• Diario d'ascolto
  • 5 Aprile 2018

    Opera d'attualità

      Carlo Piccardi

    La cosiddetta Zeitoper (opera d’attualità) configura un genere coltivato nei teatri di Germania tra il 1924 e il 1931, così denominato in quanto si distingueva per la materia tratta dagli avvenimenti del tempo e per l’integrazione delle espressioni musicali allora correnti (il jazz, la musica da ballo, ecc.).

     

    In prima fila in tale filone troviamo Paul Hindemith, Kurt Weill, Ernst Krenek e i meno noti Max Brand, Ernst Toch, Eugen Zador, Berthold Goldschmidt, oltre all’americano Georg Antheil, autore di Transatlantic, un’opera ispirata alle elezioni presidenziali statunitensi sullo sfondo di interessi capitalistici e di una vicenda di gangster, rappresentata a Francoforte nel 1930.

    TRANSATLANTIC 2 

    In tale ventaglio di compositori tedeschi il nome di Antheil, americano, fa eccezione.
    Tra il 1922 e il 1923 egli aveva soggiornato per un intero anno a Berlino, ma poi si era trasferito a Parigi subendo l’influenza dell’ambiente musicale francese, dove il teatro musicale era tutt’altro che al centro dell’interesse.
    Fu la visita di Krenek al suo domicilio parigino a prospettargli la possibilità di scrivere un’opera di soggetto americano che un americano purosangue, familiarizzato con il jazz e la nuova musica leggera, avrebbe sicuramente composto con maggiore pertinenza di quanto non fosse stato possibile a un tedesco. Così nacque Transatlantic, grande opera dall’organico esteso a 12 solisti vocali, 3 cori distinti, 2 gruppi di danzatori, comparse, orchestra integrata con nuove sonorità (telefono, sirene della polizia, macchine da scrivere, apparecchio telegrafico morse, ecc).

     GEORGE ANTHEIL

    L’opera di Antheil rappresenta un campione della Zeitoper anche per il fatto di articolarsi in base a un assetto scenotecnico di tipo moderno: alla divisione in due atti vi si sovrappone l’articolazione in una cinquantina di scene concepite come sequenze cinematografiche a volte implicanti la simultaneità di situazioni diverse, sollecitando il pubblico a staccarsi dalla prevedibilità della concezione operistica corrente. In questo senso l’aspetto più significativo è dato dal fatto di imporre la concezione ‘motorica’ che all’epoca aveva già reso famoso il compositore, etichettato come “pianista futurista” per la meccanicità del ritmo e la durezza delle sonorità, combinati con i moduli jazzistici e la tecnica della citazione.
    Da questo punto di vista l’esito è anche più interessante di quello che aveva garantito il successo a Johnny spielt auf! (1926) di Krenek, nel quale per la prima volta il jazz veniva assunto in un’opera teatrale. Gli slogan cantati nella scena del comizio elettorale riportano in superficie, combinandoli in modo composito, frammenti della memoria musicale americana dell’epoca.

    TRANSATLANTIC 3 

    Accanto a simili episodi rimane tuttavia irrisolto l’aspetto lirico, il momento degli affetti privati, reso in duetti che replicano la melodiosità dolciastra del convenzionale stile operistico, come all’epoca della sua recensione già fece notare Hans Heinz Stuckenschmid.
    Il limite della Zeitoper (e probabilmente la ragione per la quale tale esperienza rimase circoscritta a quegli anni senza possibilità di sviluppo) sta proprio qui, nell’incapacità di superare il doppio standard di una modernità applicabile alle situazioni esteriori sovrapposta a un lirismo incapace di superare il pathos di eredità ottocentesca.

     TRANSATLANTIC FINALE