• Diario d'ascolto
  • 7 Dicembre 2022

    MUSICA ELETTRONICA, IDEALE DEL PASSATO

      Carlo Piccardi

    Quando nel 1913 Luigi Russolo, il geniale pittore futurista consacratosi alla musica, ideò il primo «intonarumori», non poteva certo immaginare che un giorno le sue teorie sull’ “arte dei rumori” avrebbero potuto trovare applicazione superando gli ostacoli di uno strumentale artigianalmente precario. È un fatto però che, quando Pierre Schaeffer nel 1948 a Parigi iniziò alla radio francese i suoi esperimenti di «musique concrète», cioè di composizione sonora sulla base di rumori registrati e manipolati, inconsapevolmente non faceva altro che sviluppare un’indicazione formulata e attuata da Russolo più di trent’anni prima. Qualche anno dopo ne nacque addirittura una polemica, suscitata da Maurice Lemaître il quale, non trovando mai menzionato il nome di Russolo negli scritti di Schaeffer, giunse addirittura ad accusarlo di disonestà intellettuale.

    In verità il Futurismo era allora esperienza tanto poco indagata, persino in Italia, che l’esperienza di Russolo poteva contare solo su testimonianze disperse. Parimenti nemmeno gli iniziatori della musica elettronica vera e propria, a Colonia nel 1951, si curarono dei primordi futuristi, imbevuti come furono per almeno un decennio di un’ideologia votata al futuro senza nostalgie.

     SCHAEFFER
    Pierre Schaeffer

    È un fatto comunque che i capisaldi della composizione elettronica rimangono i lavori compiuti da Stockhausen, Pousseur, Berio ecc. negli anni Cinquanta, quando a occuparsene erano in pochi e quando le apparecchiature tecniche a disposizione non erano perfezionate come quelle odierne. Ciò significa che per quasi due decenni la musica elettronica ha marcato il passo? La risposta non può essere definitiva, ma è comunque certo che non vi è stato l’avvento di quella famosa «terza epoca» profetizzata da Hans Heinz Stuckenschmidt, il quale aveva proposto una visione della storia della musica concepibile come «prima epoca» (la più antica, legata all’uomo quale organo esecutore della propria musica, condizionata dunque dai limiti delle possibilità vocali), «seconda epoca» (coincidente con la conquista dello strumento musicale, il mezzo sul quale l’uomo stesso fosse in grado di eseguire la propria musica) e «terza epoca» (quella della musica elettronica appunto, che avrebbe posto l’uomo all’inizio del processo creativo, ma che l’avrebbe escluso dalla realizzazione, assegnata alla macchina).Sopita l’ebbrezza del bagno nel nuovo universo sonoro dischiuso dagli apparati elettronici, i compositori più avvertiti si resero conto delle insidie rappresentate dalla disponibilità praticamente illimitata di suoni nuovi offerta dalla prospettiva elettroacustica, dove la quantità cresceva in rapporto proporzionale con l’indifferenziazione.
    A partire dagli anni Sessanta la produzione elettronica «pura» venne quindi a essere sempre più emarginata da un’attività che, prediligendo la combinazione suoni reali – suoni registrati, si mosse praticamente sulla linea dell’abbinamento dell’antico con il nuovo strumentale dove quest’ultimo, apparendo come una specie di prolungamento del primo, doveva servire ad ampliarne le sensazioni. 

    berioLuciano Berio

    Tale ripensamento, che riportava la musica elettronica a guardare al passato, era però dettato anche da un’altra ragione. Sopprimendo la mediazione dell’interprete, la musica elettronica non aveva più motivo di essere comunicata attraverso i canali tradizionali della diffusione musicale (il concerto, il teatro ecc.). L’ascolto pubblico e collettivo di opere su nastro, tentato più volte, sembrò e sembra ancora la comunicazione più innaturale che vi sia. È di lì che è sorta la consapevolezza dell’importanza dell’impatto diretto sul pubblico per qualsiasi messaggio musicale che pretenda di far leva sulla coscienza collettiva. Ecco quindi nascere la corrente della cosiddetta musica elettronica viva, la quale è tornata a far capo a strumentisti e al suono reale, benché manipolato elettronicamente. La virata conservatrice della musica elettronica non ha però interrotto le ricerche allo stato puro che invece, con la creazione di centri di sperimentazione in istituti di ogni genere (enti radiotelevisivi, università, conservatori ecc.), ha familiarizzato un numero sempre maggiore di persone ai nuovi orizzonti sonori. Una componente di pionierismo e di provvisorietà resta associata alla musica elettronica, la quale con ciò è venuta a occupare sempre più una posizione distinta da quella rappresentata dalla musica tout court, né più né meno di come l’arte dei rumori di Russolo era tenuta distinta dalla musica di Pratella nell’organizzazione marinettiana. Come dire che non si sono fatti molti passi in avanti rispetto ai lontani traguardi del Futurismo!

     STOCKAUSEN
    Karl Heinz Stockhausen

    In realtà la prassi della musica elettronica ha anche aperto nuovi canali di comunicazione (quello radiofonico, il disco, quello del suono ambiente) saltando il luogo deputato dell’ascolto continuo e collettivo. Sfruttata oggi nelle esposizioni e nei meeting multimedia, la musica elettroacustica sembra aspirare a quello statuto di «musique d’ameublement» (preconizzata da Satie) che l’ha avvicinata al design prospettandole un futuro autonomo di arte applicata.

    Immagine di copertina: Luigi Russolo, Ugo Piatti e l'Intonarumori