• Diario d'ascolto
  • 16 Settembre 2020

    L'OPERA NELL'OPERA

      Carlo Piccardi

    La parodia non è sempre una forma di attacco a scopo denigratorio, a volte è anche la consacrazione di ciò che si vuole bersagliare. In altre parole, di satira è degno colui che in qualche modo è riuscito ad affermarsi. Dalla concentrazione di parodie su una determinata personalità o su un determinato fenomeno è quindi anche possibile misurare il relativo “indice di gradimento”. 

     

    Così si spiega la fortuna di un genere melodrammatico che percorre tutto il Settecento e che si spinge fino all’Ottocento, riassumibile nei titoli L’impresario in angustieLe cantatrici villanePrima la musica poi le paroleLe convenienze ed inconvenienze teatrali e via dicendo. Si tratta della messa a nudo, mettendolo direttamente in scena, del meccanismo teatrale che sta dietro l’allestimento dell’opera in musica: le manie dei cantanti, la caratterialità delle primedonne, l’avventurismo degli impresari, gli espedienti letterari dei librettisti, con tutto il contorno delle isteriche madri di virtuose, di sfaccendati corteggiatori di cantatrici e chi più ne ha più ne metta.

    METASTASIO
    Pietro Metastasio

    La costanza di tale soggetto, che ha riguardato anche gli autori più importanti (fra i più ricordati è il Mozart di Der Schauspieldirektor), è lì appunto a dirci che a pochi decenni dalla sua nascita l’opera si era già profondamente radicata nella società, riguardando un pubblico più ampio di quello collegato a qualsiasi altro genere musicale, diventando altresì occasione di incontri e di discussione sullo stesso genere teatrale che rappresentava.  
    Al livello più basso vi è evidentemente la curiosità per gli eccentrici personaggi che calcavano le scene: attori girovaghi, tipi sregolati, che per la loro marginalità erano predestinati a suscitare l’interesse più esteriore. Il valore documentario di questo microgenere melodrammatico non sta però solo nel riflesso di vita vissuta che ci fornisce e che tra l’altro testimonia la molteplicità degli interessi economici ruotanti intorno a quel fenomeno culturale.

    CARLO GOLDONI
    Carlo Goldoni

    L’aspetto più interessante è dato dal rispecchiamento dei pregiudizi che gravavano sul genere operistico, ritenuto dai letterati ‘spurio’ per non dire ‘mostruoso’. La somma di musica, parola, scena, azione, come si era determinata e imposta dal basso, rimaneva sospetta presso coloro che, non avendola teorizzata, cercavano poi di capirla o di regolarla. In epoca razionalistica e classicistica inoltre dover ammettere la fondatezza di ciò che appariva un’irrazionale congerie di genere distinti, una dimostrazione quotidiana dell’arbitrio, era cosa assai ardua, per cui i libelli non si sprecavano, alimentando una discussione senza fine.

    Più che per ragioni polemiche era per il piacere di dimostrarne la vitalità che la parodia trovava modo di approdare sulla scena del teatro musicale. Non per niente gli autori più in vista di tali satire erano illustri librettisti, celebrati per il valore letterario del loro contributo all’opera: Metastasio stesso, Girolamo Gigli, Giambattista Casti, Giovanni Bertati e Carlo Goldoni, il quale in un certo senso mise in scena se stesso come poeta per musica in La bella verità, attribuendo al protagonista il suo nome anagrammato (Loran Giodoci).

    RAFFAELE VIVIANI
    Raffaele Viviani

    Con l’avvento di meno frivole occasioni teatrali ottocentesche, tale genere deperì; non senza lasciare qualche significativo strascico. Nel 1870 una commedia musicale di Antonio Petito (Flik e Flok), oltre a rappresentare il mondo capriccioso dei danzatori del tempo, caricaturava la precarietà delle strutture organizzative del teatro dopo l’Unità d’Italia. In verità, come testimonia Eden Teatro (1914) di Raffaele Viviani, dove è comicamente rappresentato il mondo del varietà napoletano, in epoca più vicina alla nostra la parodia riguarda piuttosto fenomeni che a livello di grande pubblico avevano ormai soppiantato l’opera. È stato anche il caso del cinema, soprattutto quello hollywoodiano che, in una forma di compiacimento per la solidità del genere, ancora una volta è stato indotto a mettere in scena se stesso e i destini bizzarri dei suoi protagonisti.

    Immagine di copertina: Ritratto del Maestro Domenico Cimarosa. Museo Certosa di San Martino, Napoli.