• Diario d'ascolto
  • 14 Giugno 2021

    CIFRA SONORA

      Carlo Piccardi

    A tutti è capitato, magari senza conoscerne l’origine, di ascoltare l’apertura del poema sinfonico Also sprach Zarathustra di Richard Strauss. Da quando Stanley Kubrick lo impiegò in 2001, Odissea nello spazio (1965), il rombante suono informe che cresce dal caos verso una luce abbagliante si è impresso talmente nell’immaginario contemporaneo che assistiamo quasi quotidianamente alla sua replica come luogo comune cinematografico e negli spot pubblicitari, per attirare l’attenzione degli acquirenti sul senso di mistero che si vorrebbe celato dietro il più innocuo profilo di un’automobile ultimo modello e persino dell’utensile più domestico.

    RICHARD STRAUSS
    Richard Strauss

    È un fenomeno di annessione di una cifra sonora vecchia di oltre cent’anni e a sua volta risultato di un concetto musicale che attraversa un altro secolo. All’origine troviamo infatti la rappresentazione musicale dei Campi Elisi come viene proposta nella “Danza degli spiriti beati” nell’Orfeo e Euridice (1762) di Christoph Willibald Gluck, dalla sospesa soavità melodica discretamente sostenuta da armonie eufoniche

    DANZA SPIRITI
    Christoph Willibald Gluck, Orfeo e Euridice: Danza degli spiriti beati

    È il vagheggiato mondo mitologico che la musica ha tentato di rappresentare, ma settecentescamente (illuministicamente) è anche una proiezione ideale in quel mondo a venire che gli intellettuali del tempo si attendevano dopo la Rivoluzione francese. Non per niente tale visione paradisiaca di stampo gluckiano è riconoscibile nell’innodia rivoluzionaria di François-Joseph Gossec e compagni (Hymne à l’Être suprème, ecc.). A dire il vero, settecentescamente (e voltairianamente) assistiamo subito alla sua caustica rappresentazione di segno opposto. Lo constatiamo ne Il mondo della luna di Joseph Haydn, dove il protagonista Buonafede è trascinato con l’inganno in una presunta condizione lunare, in cui il cristallino suono dei vegetali e l’armoniosità del canto degli uccelli sono oramai una caricatura.

    Ci penserà Mozart con il Flauto magico a rimettere le cose a posto, a umanizzare la spinta delle utopie fantasiose attraverso un equilibrio dell’espressione musicale mantenuta nei termini dell’immediato sentire. Ma già nel finale della Nona sinfonia di Beethoven, quando il testo di Schiller allude al cielo stellato, la musica rincorre l’ineffabilità del suono e raggiunge lo stato di incantamento che sarà fatto proprio da Wagner nei suoi luoghi drammatici della trascendenza e dai compositori di estetica simbolistica (da Debussy a Skryabin).

     COSì PARLò ZARATUSTRA PARTITURA
    Richard Strauss, Così parlò Zarathustra

    In verità Strauss ne rimase ai margini, accomodandosi all’intuizione sonora celestiale solo nello Zarathustra, sicuramente recependo l’aspirazione della borghesia del tempo a elevarsi, stregata dal fascino del superuomo nietzschiano. Moda più che cultura in quel caso, o forse semplicemente contraccolpo spiritualistico nel contesto degli eccessi dell’epoca positivistica?
    Si spiegherebbe così oggi la sua tenuta, in un mondo fortemente impregnato di materialismo, ma certamente non sufficientemente appagato e quindi disponibile alla fuga nelle incognite dell’esoterismo.