• Diario d'ascolto
  • 14 Giugno 2022

    BRECHT, WEILL E LA DANZA

      Carlo Piccardi

    Bertolt Brecht e Kurt Weill autori di un balletto? Nella loro crociata contro l’«arte culinaria», contro le espressioni consolatorie, già il loro approdo all’opera (Ascesa e caduta della città di Mahagonny, 1930) avvenne fra mille cautele e trasformazioni del modello operistico di tipo illusionistico. Figurarsi quindi il balletto, che fra le arti dello spettacolo rappresenta la manifestazione più evasiva, più svincolata dal reale! Eppure l’incontro avvenne nel 1933 con la composizione de I sette peccati capitali. E si trattò di un doppio incontro.

    Dopo le vicende di Mahagonny si era abbozzato infatti un divorzio non dichiarato tra i due: mentre il rigore marxista del poeta lo portava a verifiche severe del fare artistico, concependo la dimensione estetica solo come alimento della dialettica conoscitiva calata nei rapporti sociali, per il musicista le ragioni della critica sociale di cui l’arte comunque era chiamata a farsi carico non risultavano incompatibili con l’operare all’interno stesso delle forme comunicative compromesse con i bisogni della società borghese. In una formula, se Brecht appare come un radicale, Weill si lascerebbe definire un riformista.

    BRECHT
    Bertold Brecht

    La separazione tra i due avvenne appunto sul modo di intendere l’esperienza di Mahagonny, che per Brecht significava contestazione del modello operistico mentre per Weill significava la sua rigenerazione. Per tre anni non vi furono quindi più occasioni di collaborazione tra i due, fino a Die sieben Todsünden che segnano una seconda e ultima fase di incontro tra le loro esperienze.

    LENYA E WEILLKurt Weill e Lotte Leyna

    Come fu possibile tale passaggio? La risposta è data dalle circostanze politico-biografiche, cioè la fuga dalla Germania nazista e lo spiazzamento in terra straniera.
    È un fatto che la teoria teatrale brechtiana maturò nel preciso contesto della Repubblica di Weimar, dove poteva contare su un pubblico particolarmente evoluto da una parte e dall’altra su un solido e agguerrito partito comunista.
    Rifugiato a Parigi, operativamente si trovò in un certo senso a ricominciare da capo, prescindendo da quelle premesse. In un contesto, quello parigino, dove la danza (si pensi a Diaghilev e ai Ballets suédois) aveva avuto la funzione di traino per la musica e il teatro d’avanguardia, il discorso radicale poteva anche partire da lì. Fu così che i due artisti accettarono l’incarico di Boris Kochno e del «Ballet 1933», collaborando con Balanchine alla realizzazione di uno dei loro più solidi capolavori.

    I STTE PECCATI SCALA 2021I Sette Peccati Capitali. Messa in scena al Teatro alla Scala, 2021.

    L’impronta di Brecht vi è visibile nella concezione di breviario, di libro di preghiere domestiche in cui (come altrove) è presente a rovescio la sua formazione protestante: lo sdoppiamento della protagonista in Anna I (danzatrice) e Anna II (cantante) preserva l’elemento critico-dialettico in una situazione normalmente estranea a tal genere di operazione.
    Weill vi ha preso la rivincita in una composizione interamente musicata, dove il testo è presente solo come parola cantata e dove quindi lo sviluppo musicale, pur partendo dalla dimensione del Song riesce ad articolarsi in ampie forme che, oltre a rispettarne lo spirito acido e tagliente, ne amplificano la portata.